Sep
28
Tunajali – We care?
Filed Under Generali
Ieri con Federica siamo andati a trovare uno dei bambini che fanno parte del programma di Borse di Studio di Nessuno Escluso.
Ha sette anni e vive con una zia. I suoi genitori sono morti un paio di mesi dopo la sua nascita.
Nonostante tutto l’atmosfera ci sembrava tranquilla. La casa era in buone condizioni ed il bambino solo un po’ timido ma comunque sereno e pronto al sorriso per uno scherzo o un piccolo gioco. Nel cortile addirittura due capre ed una mucca, simbolo di una situazione positiva per una famiglia di villaggio.
Ad un certo punto, la signora, dopo aver parlato dei progetti per il futuro del bambino, rispondendo alle nostre domande circa i bisogni della famiglia, ci presenta un foglio con diagnosi di Hiv. Con una serenità del tutto estranea al nostro modo di affrontare la vita e la morte, rivolgendosi a noi con dignità, ci dice:
io sono malata e il Signore deciderà quando dovrò morire. Questo bambino è molto piccolo e se mi ammalo nessuno potrà badare a lui. Vi prego per lui di trovare una soluzione, che gli permetta di andare a scuola. Potete trovare un collegio od un posto dove ospitarlo?
E’ stato difficile ascoltare rimanendo seduti queste frasi in kiswahili, con alcune parole che ci erano sconosciute, ma dai contenuti molto chiari. E’ stato difficile la sera addormentarsi di nuovo tranqulli, senza pensieri e con le nostre certezze sul comodino.
Nella nostra esperienza, la morte entra di rado, spesso come un elemento di passaggio, quasi non fosse una parte essenziale della vita, che tra l’altro accomuna tutti noi. Qui in Tanzania la morte è molto più presente. A morire sono i giovani, la fascia della popolazione che va dai 20 ai 40 anni. Chi rimane diventa vecchio e spesso deve portare sulle spalle i figli dei propri figli, per dare almeno a loro una possibilità.
Con i nostri 23 e 28 anni, io e Federica siamo di 5 o 10 anni al di sopra della media della popolazione.
E’ stato difficile la sera addormentarsi. Eppure lo abbiamo fatto. Tunajali? Quanto ci facciamo interessare da quanto capita alle persone che stanno intorno a noi? Tunajali? Siamo in grado di avvicinarci a queste persone imparando qualche cosa? Offrendo un qualche conforto?
Queste domande stanno ancora lavorando nelle nostre teste, e credo che queste riflessioni e questi dubbi ci accompagneranno, per un lungo periodo su questo nostro cammino tanzaniano.
Cari Paolo e Fede,
sono rientrata per qualche settimana in Italia dopo 7 mesi di Africa trascorsi in un ospedale al confine con il Sudan, la prima e unica roccaforte sanitaria da Juba a Kampala. Prima di partire ho lavorato tre anni da questa parte del mondo, in un reparto oncologico e credevo, prima di decidere di partire, di sapere bene cosa è la morte. Eppure l’Africa ribalta tutte le proprie certezze, sconvolge le normali prospettive e io stessa che la morte la vedevo quasi tutti i giorni l’ho riscoperta dall’altra parte del mondo con una concretezza e una semplicita’ che all’inizio è difficile da accettare.
Eppure alla fine è questo il vero valore che l’Africa e la sua gente ci puo’ lasciare, perche’ per la prima volta li’ ho riscoperto cosa vuol dire arrivare a sera sfiniti e crollare nel letto pensando che in fondo non sono riuscita a fare molto.
Eppure io credo che anche questa parte contrastante dell’Africa alla fine possa diventare un valore aggiunto alle nostre vite. Anche solo perché una volta mi ha fatto ripensare ad alcun parole che avevo dimenticato.
“Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”
Un forte abbraccio,
Fede
Complimenti per tutto quello che fate, io sono tornato in Italia da poco dalla Tanzania (ero a Mafinga, spesso andavo anche a Iringa), ma a leggere i vostri racconti la mia nostalgia aumenta davvero in maniera esponenziale.
I bambini di quel paese sono davvero molto speciali.
ciao.
Nei vostri passi vi accompagni sempre la Sua parola.
Un forte abbraccio, mamma, papà, nonna Elsa
Ciao cari Federica e Paolo,
che piacere leggere i passi della vostra esperienza. Complimenti per la scelta coraggiosa; penso in cuor suo ogni lettore del vostro sito ammiri la generosità e l’impegno della vostra scelta.
Un grasso abbraccio alla mitica Fede.
Marco
Non ci sono risposte che valgano a dare piena soddisfazione ai vostri dubbi. Questi resteranno comunque dentro di voi e anche dentro di NOI.
Però il sorriso negli occhi di questi meravigliosi bambini Tanzaniani che vivono o hanno vissuto tanti abbandoni, ci accompagnano nel nostro cuore e sono una RISPOSTA a tutti i nostri DUBBI. Essi ci impegnano a far sì che il loro SORRISO duri il più a lungo possibile.
Quando io ero partita per il Ciad, una delle mie motivazioni più forti era questa: “Io mi sentivo privilegiata e tutto sommato felice della vita che avevo a 26 anni. Però volevo portare ai più poveri un po’ di felicità: volevo che anche loro fossero un po’ più felici. Ho trovato che LORO erano comunque più felici di me. Quindi il mio obiettivo divenne quello di far sì che il SORRISO restasse il più a lungo possibile nei loro volti.”
Io credo che voi stiate facendo tutto ciò ed io lo vivo insieme a voi. Mamma Valeria
Yes, we care.
Your family
Un grosso desiderio, quasi una necessità, leggere un “comment” di Padre Giovanni sull’argomento.
Ciao Fede e Paolo, dopo tanti racconti belli questo forse è il primo nel quale leggo un pò le difficoltà…la vostra paura di impotenza di fronte al dolore…immagino che non sia facile…sono sicura che troverete la forza per superare anche i momenti difficili…con tanto affetto…Elisa PS:un super mega abbraccio x te Fede!!!