Jul
17
Volotari: primi pensieri dalla Tanzania…
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Francesco, 17 anni da Albizzate – Varese.
Lunedì, 9/7/12
Ore 22.00 partenza per Dubai. Piccoli problemi in aeroporto ma alla fine si parte!
Martedì, 10/7/12
Viaggio molto confortevole. Viste città come Venezia con la sua laguna, Istanbul e il golfo di Bisanzio, poi Baghdad, Doha, Kuwait e finalmente dopo sei ore di viaggio la prima meta: Dubai! La vista dall’alto delle prime città è stata molto emozionante. Città intere illuminate. Ci si poteva fare l’idea dell’ ampiezza di queste. Molto belle davvero le città di Venezia e Istanbul affacciate sul mare. Poco prima di arrivare a destinazione il sole è sorto, e Dubai si è mostrata a noi. Città molto estesa. Il colore predominante è quello delle dune sabbiose circondanti la città. Nonostante l’aridità del posto, tra grattacieli, ville e casettine si vedevano piccole porzioni di alberi. La parte abitata della città è definita da una rete stradale a griglia come quella delle metropoli statunitensi. La cosa che mi ha colpito di più di Dubai è stato il clima: al nostro arrivo alle sei di mattino il termometro segnava già 35 gradi!! Appena scesi dall’aereo si sono fatti sentire eccome senza neanche un filo di vento! Il pullmino che ci ha portati dalla pista all’aeroporto ci ha impiegato circa 10 minuti. Entrati in aeroporto, io e Gaia siamo partiti alla ricerca delle 3 ragazze di Vicenza e di Caterina e Luca, due signori in viaggio per Makambako che ci hanno preceduti. Viviana, Vittoria e Virginia ci stavano attendendo. Aspettando le fatidiche 9.50 abbiamo dovuto sostare a Dubai per quattro scomode ore. Finito l’imbarco abbiamo scoperto che il volo avrebbe avuto un’ ora di ritardo e ho sfruttato l’occasione assieme a mia sorella per schiacciare un sonnellino. Il nostro viaggio diurno è stato scarno di viste che mi avrebbero incuriosito parecchio. Al termine delle seconde ed incessanti sei ore di aereo, siamo arrivati all’aeroporto di Dar El Salam. Il clima lì è stato non poco migliore, soffiava una piacevole brezza che “rinfrescava” leggermente la temperatura. Passata la dogana abbiamo ritirato i bagagli e sbrigate le prime faccende come per esempio il prelievo di banconote locali. È proprio a questo punto che accompagnati da 2 taxi abbiamo impiegato due ore per arrivare agli alloggi dove avremmo passato la notte. Il traffico di Dar mi ha spiazzato. Arrivati all’ostello dei Padri Passionisti ci è stata servita un’ottima cena e poi io e Gaia abbiamo sistemato i nostri bagagli nella nostra camera. Qui abbiamo usufruito della connessione a internet per comunicare con amici e famigliari.
Sveglia alle sei che alle sette si parte per la stazione pullman di Dar dove ci avrebbe atteso il viaggio più lungo e più emozionante della mia vita.
Mercoledì, 11/7/12
La giornata è iniziata alle 6.30. preparate le valigie siamo andati a fare colazione dai nostri ospiti. Il pullman che ci avrebbe portato a Njombe sarebbe partito alle 9.30 ma, per precauzione, vista la disavventura del giorno prima tra le strade di Dar, siamo partiti alle sette. Le strade non erano tanto trafficate e quindi siamo arrivati anzitempo alla stazione dei bus. Abbiamo avuto dei problemi nel contrattare il prezzo per pagare dei ragazzi per averci portato le valigie, e infine siamo partiti. La compagnia con cui abbiamo viaggiato è stata la Superfeo, al momento compagnia “vip” della Tanzania. Il viaggio si è rivelato oltre che lungo (ben undici lunghe ore) estremamente scomodo. La tratta che abbiamo seguito è anche una sorta di gara tra le varie compagnie in competizione tra loro, quindi abbiamo assistito a degli azzardati sorpassi su una strada a due corsie. In Tanzania esiste un preciso linguaggio stradale diffuso tra gli autisti: per esempio se il veicolo davanti mette la freccia di destra vuol dire che non si può sorpassare, viceversa con la freccia sinistra; la cosa più fastidiosa è l’uso continuo del clacson. Esso sostituisce le parole “Levati che passo io!”. La lunghezza del viaggio ha comportato due fermate. La prima, della durata di cinque minuti, è stata in una radura di cespugli e arbusti. La seconda, più lunga, ma comunque di dieci minuti, si è tenuta in una sorta di autogrill locale. C’erano il bar con dei tavoli, bancarelle, bagni e un macellaio. La cosa che più mi ha colpito è stata il fatto che ogni tanto il pullman rallentava la corsa e si fermava per pochi secondi in piazzali dove le persone del posto potevano vendere ai viaggiatori i propri prodotti: arance, banane, bibite anacardi e karanga, prodotti tipici molto buoni. In queste occasioni il pagamento avveniva dal finestrino del pullman, ed è proprio questa cosa che ha reso ancor più singolare il viaggio. Durante il tragitto, il personale della compagnia ci ha offerto una bevanda in bottiglia, una merendina e una bottiglietta d’acqua. Il paesaggio che ci veniva presentato davanti era variegato. All’inizio prevalevano ancora le povere case degli abitanti della periferia di Dar. Le strade erano piene di vita e movimento. I primi segni della natura selvaggia sono stati gli avvistamenti di babbuini che attraversavano la strada davanti a noi. Più lontani dalle zone abitate siamo entrati nel parco del Mikumi, di cui abbiamo percorso circa 40 km di strada. Attraversando il parco abbiamo scrutato dai finestrini le radure e il paesaggio alberato di color giallo e verde che ci circondava. Abbiamo iniziato a notare gruppi di babbuini seguiti da successivi branchi interi di gazzelle e impala. Di questi branchi uno ci ha attraversato la strada e siamo riusciti a scattare delle belle fotografie. Inoltratici ancora di più nel parco siamo riusciti a vedere giraffe, zebre, un bufalo, facoceri, gnu e infine, i tanto desiderati elefanti. Alla fine del parco è iniziata una lunga strada ancora più scomoda e fatta di molte curve. Il viaggio si è fatto ancora più difficile da sopportare e allora ho tirato fuori il mio i-pod e ho ascoltato un po’ di musica per distrarmi. Più tardi sono iniziati ad aumentare i centri abitati. Caterina e Luca ci hanno lasciati a Makambako, loro meta, mentre a sera inoltrata, al buoi pesto delle 9.30, siamo arrivati alla stazione pullman di Njombe. Dopo cinque minuti è arrivato Edgar, assistente di Giovanni, general manager del Professional College of Njombe e che ospita Gaia nella sua casa. Edgar accompagnato dal preside del College ci ha dato il benvenuto. Edgar mi è sembrato un tipo molto socievole molto simpatico. È grande amico di Gaia dato che lavorano quotidianamente per la scuola. Io e le tre ragazze, arrivati al “Nazareth”, nostra provvisoria sistemazione, abbiamo lasciato i bagagli nelle nostre rispettive stanze e siamo andati a casa di Giovanni per conoscerlo e per cenare. Abbiamo scoperto così, le grandi doti di Ema, cuoca a casa di Giovanni. La sua cucina è ottima e ho faticato a dir di no al tris di pasta pizza e gnocchi. A casa di Giovanni abbiamo incontrato Carmen, Emanuela, Dinora e Rebecca, lavorano tutte per ACRA, alcune di loro si trovavano in missione per pochi giorni, altre hanno appena cominciato la loro avventura di cooperanti a Njombe. Abbiamo inoltre fatto la conoscenza di Stefano, altro cooperante di ACRA. Sono apparsi tutti molto simpatici. Dopo un po’ la stanchezza del viaggio ci ha vinti e siamo tornati alla nostra dimora e ci siamo sistemati un po’ meglio. La mia camera è composta da un letto, una poltroncina e un mobile. Sulla sinistra c’è il bagno diviso in due da una tendina. All’ingresso sulla destra c’è invece un tavolo con una sedia. Dopo essermi ricomposto ho scelto i vestiti per l’indomani e mi sono sistemato nel letto scrivendo il mio diario e iniziando a sfogliare il libro di swahili, la lingua locale.